Il Decreto Aiuti innalza al 50% il credito di imposta per investimenti in beni strumentali immateriali. Tale beneficio è circoscritto ad una limitata serie di beni immateriali rigorosamente indicati nella legge n. 232 del 2016.
Tale norma regola una serie di importanti benefici ed incentivi destinati alle imprese che investono in beni strumentali, quei beni funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese: la cosiddetta “Industria 4.0”. Un credito di imposta del 20% per investimenti in beni immateriali cosiddetti “4.0”; credito di imposta fino al 40% per investimenti in beni materiali 4.0; per i beni materiali ordinari, è previsto un credito di imposta del 10%; gli investimenti in beni immateriali ordinari sono invece premiati con un credito di imposta del 10%.
La legge n. 232 prevede diverse tipologie di incentivi influenzati da diverse variabili: il tipo di bene, le tempistiche dell’ordine, l’anno del collaudo, ecc.
L’articolo 20 del “Decreto Aiuti” aumenta al 50% l’ammontare del credito di imposta per gli investimenti in beni immateriali 4.0. Con due limitazioni: l’investimento non può eccedere un milione di euro e deve essere effettuato entro il 31 dicembre 2022.
Sussiste una possibilità che permetterebbe alle imprese di concludere l’investimento nel 2023. Ad una precisa condizione: che entro il 31 dicembre 2022 venga confermato l’ordine e pagato un acconto del 20%. I beni che godono di questo beneficio sono software in grado di permettere la progettazione e la modellazione 3D, applicazioni di reverse modeling and engineering per la ricostruzione virtuale di contesti reali, sistemi in grado di comunicare e condividere dati con l’ambiente e gli attori circostanti (Industrial Internet of Things) grazie ad una rete di sensori intelligenti interconnessi, piattaforme per l’utilizzo lungo le linee produttive di robot e macchine intelligenti per la sicurezza e la salute dei lavoratori, la qualità dei prodotti finali e la manutenzione predittiva, software, sistemi, piattaforme e applicazioni per la gestione della realtà aumentata tramite wearable device, sistemi per la protezione di reti, dati, programmi, macchine e impianti da attacchi, danni e accessi non autorizzati (cybersecurity) e software, sistemi, piattaforme e applicazioni che, simulando virtualmente il nuovo ambiente, consentono di evitare ore di test e di fermi macchina lungo le linee produttive reali.
A fronte dell’investimento nei beni sopracitati è previsto un credito di imposta pari al 50% dei costi sostenuti, compensato con le imposte e le tasse che le imprese pagano regolarmente. Le imprese sono tenute a produrre una perizia tecnica asseverata rilasciata da un ingegnere da cui risulti che i beni possiedono le caratteristiche proprie dei beni 4.0. Nessuna perizia è richiesta qualora il bene costi meno di 300.000€. In quest’ultimo caso è sufficiente una dichiarazione resa dal legale rappresentante.
Conviene investire e creare il proprio Metaverso aziendale?
Questo momento storico offre alle imprese un’occasione che sarebbe un peccato sprecare: le applicazioni di questa tecnologia a livello industriale sono molteplici. La direzione dovrebbe essere quella di investire in software (quindi beni immateriali) per risolvere i problemi legati invece alla produzione (quindi beni materiali). Grazie infatti all’investimento in queste tecnologie, sarà possibile replicare in realtà virtuale o aumentate l’ambiente reale. In questo modo le industrie potranno sperimentare, testare e stressare i processi senza intralciare l’attività ordinaria.
Le imprese avranno a disposizione una miriade di informazioni grazie alle quali ottimizzare al meglio i processi ed aumentare contestualmente le proprie capacità predittive. Una tecnologia che può rivoluzionare il concetto di industria ma non solo, considerando che il mercato del Metaverso potrebbe raggiungere il valore di 540 miliardi entro il 2025.