Nella tempesta perfetta. Piccoli ma (più) sostenibili

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Confapi, prima ancora che la crisi tra Ucraina e Russia precipitasse in conflitto armato, ha condotto un’indagine attraverso interviste mirate ad un campione rappresentativo di imprese associate. Dall’indagine è emersa l’emergenza legata alle fonti energetiche e alle materie prime. L’82,6% delle imprese intervistate lamenta un aumento considerevole nell’ultimo anno dei costi delle materie prime che sta impattando negativamente sull’attività aziendale. Il 64% registra problemi di approvvigionamento a cui si somma un notevole aumento dei costi di trasporto (per il 40% delle aziende).

“Ovviamente il conflitto peggiorerà la situazione. Avevamo lanciato l’allarme sulle materie prime più di un anno fa. L’Europa, con l’approvazione di un piano triennale di quote (e conseguenti dazi al superamento delle quote) ha preso una decisione penalizzante. Abbiamo stigmatizzato subito la scelta e invitato il governo a intervenire per scongiurare questo scenario. Oggi, per esempio, il costo dell’acciaio per le nostre imprese ha raggiunto livelli proibitivi. Bisogna invertire la rotta al più presto: sollevando i massimali delle quote oppure eliminando del tutto le soglie che fanno scattare i dazi. Questo scenario porterà la Cina (che non ha problemi di approvvigionamento di materie prime) a essere molto più competitiva su tutti i mercati con i prodotti finiti. Finora noi abbiamo retto la concorrenza perché i cinesi riuscivano a essere convenienti sui semilavorati ma, se non si attuano opportune politiche di contrasto ai rincari, la competizione internazionale sarà molto più complicata e difficile da governare” – dichiara Maurizio Casasco, presidente di Cea-Pme (la Confederazione europea delle Pmi, che raccoglie le associazioni di 26 Paesi, 2,1 milioni di imprese e 18 milioni di dipendenti) e di Confapi.

Dai risultati dell’indagine si evince anche che il 30% del campione ha subito gravi danni a causa della pandemia, al punto da dover rivedere i piani aziendali, riprogrammare gli obiettivi e mettere in campo strumenti di flessibilità organizzativa. Viceversa, il 43% degli imprenditori ha ritenuto gestibile l’impatto pandemico sull’attività aziendale, limitandosi ad apportare solo modeste variazioni all’organizzazione interna. Il 9% invece, non ha risentito affatto degli effetti della pandemia.

L’aumento dei costi dell’energia derivato in primis dalla crisi post pandemica ha portato il 43,48% delle imprese interpellate da Confapi a convergere gli investimenti verso una maggiore sostenibilità ambientale, confermando una spiccata sensibilità verso strumenti e azioni che valorizzano le ricchezze dell’ambiente nel rispetto e nella tutela del territorio in cui l’azienda opera. Inoltre, si sta puntando su investimenti per convertire la produzione verso le energie rinnovabili.

“Lo sforzo che stiamo sostenendo per aumentare l’utilizzo delle energie rinnovabili da solo non potrà bastare. Le nostre imprese dipendono principalmente dai costi proibitivi dell’energia: servono subito contratti più lunghi che ci mettano al riparo di ulteriori rialzi. Abbiamo bisogno di aumentare la nostra capacità produttiva, ma il costo dell’energia potrebbe essere un freno molto pericoloso” – dichiara Casasco.

Prima che si materializzassero queste emergenze, lo scenario era positivo. I piccoli imprenditori intervistati erano ottimisti. Il 39% prevedeva business in crescita nei prossimi 12 mesi, il 21% vedeva affari stabili e solo il 16% pensava negativo. Seppur il governo di recente ha varato il credito d’imposta o degli oneri di sistema per alleggerire la bolletta, dichiara Casasco che “lo ha fatto ma a vantaggio delle grandi imprese. Il governo deve fare scelte oculate e non trascurare le piccole imprese: il credito d’imposta deve essere applicato in base alla percentuale del costo dell’energia sul fatturato. In questo modo si sostengono anche i piccoli, se invece gli aiuti vengono riservati solo a chi consuma di più, si tagliano fuori le Pmi. Sarebbe una beffa dannosa per tutti: gli aiuti di Stato devono tener conto della taglia delle imprese e tarare le manovre sulla base di criteri oggettivi e non solo per dimensioni”.