In un’intervista al Corriere della Sera il Presidente Casasco individua le soluzioni per fronteggiare l’emergenza sanitaria.
« Dobbiamo evitare il panico. Servono regole precise e dirette per consentire alle aziende di tornare a lavorare: le fabbriche devono diventare dei posti sicuri con buone prassi e sistemi igienici». Maurizio Casasco è presidente di Confapi (Confederazione italiana piccola e media industria privata) e presidente della Federazione nazionale dei medici sportivi.Venerdì scorso ha scritto ai tre leader di Cgil, Cisl e Uil perché «è urgente adoperarsi insieme per attuare strategie di prevenzione e garantire la sicurezza e il benessere nei luoghi di lavoro. Le parti sociali possono svolgere un ruolo importante in questo momento». Ieri ha incontrato i ministri dello Sviluppo Stefano Patuanelli e del Lavoro Nunzia Catalfo.
Cosa ha chiesto al governo?
«Serve una catena di comando unica e coordinata per gli interventi. Serve che tutti i ministeri siano coordinati. Da medico dico che era illusorio pensare che il coronavirus non arrivasse dalla Cina e non andasse a coinvolgere tutte le regioni, ma ha una mortalità molto più bassa rispetto all’influenza. Vanno bene le misure immediate però bisogna avere per l’industria anche una visione di medio termine altrimenti rischiamo di non rialzarci».
Cosa serve alla piccola e media industria?
«È giusto intervenire sulle aziende, è giusto che ci sia un’accesso più facile al credito e al fondo di garanzia. Bene anche la cassa integrazione, la sospensione dei contributi, delle imposte e delle rate dei mutui nelle zone rosse. Ma serve un sostegno e una semplificazione della fiscalità e dell’accesso ai fondi di garanzia anche per le aziende delle zone limitrofe. La piccola e media industria è quella che rischia di pagare di più perché ha una marginalità ridotta rispetto alle grandi aziende».
Le fabbriche non sono luoghi sicuri?
«Serve un decreto per le mascherine nelle aziende e siano chiari i processi di sanificazione, tenuto conto che il problema principale è la trasmissione del virus. La prevenzione è fondamentale per riaprire le aziende. Il controllo nella piccola e media industria è minore rispetto alle grandi imprese, dunque serve una responsabilità da parte di tutti».
Ci sono rischi per l’export?
«Cominciamo già ad assistere a una penalizzazione del nostro Made in Italy all’estero. La Germania, ad esempio, ha bloccato una fiera con espositori veneti. La Romania ha imposto la quarantena per i braccianti che rientrano da Lombardia e Veneto. La concorrenza straniera esagera e sta facendo passare la linea che i nostri prodotti non sono sicuri. Bisogna intervenire tempestivamente. Dobbiamo lavorare tutti insieme, con Confindustria, i sindacati e gli agricoltori. C’è un’intera filiera da considerare».
Il sistema rischia di collassare?
«Il tessuto connettivo della piccola e media industria sta vivendo una situazione molto difficile, se lo si manda in necrosi poi sarà difficile che le cellule si riprendano. Bene la cassa integrazione, ma bisogna riportare i lavoratori nelle fabbriche».